domenica 1 settembre 2013

Conviene davvero investire nel petrolio?

La crisi economica mondiale non è più alle porte, in alcuni Paesi si è già stabilita dentro casa. In altri gliel’ha pignorata. In Italia ha appena poggiato il cappello all’appendiabiti. E il peggio, dicono quelli un pochino più ottimisti, deve ancora venire. In questo quadro apocalittico, gli investitori italiani, al pari di quelli di tutto il mondo, stanno provando, ognuno a suo modo, a tirar fuori dal cilindro il fatidico coniglio. La stragrande maggioranza dei siti finanziari consiglia di puntare sul greggio. Da quando nel 2008 il petrolio ha superato il tetto dei 100$ al barile, gli investitori non parlano altro che di petrolio e dei suoi futuri target ambiziosissimi. Insomma è solo da comprare. E aspettare. La previsione entro un anno parlano di 130$ al barile. Nel triennio dal 2013 al 2016 di 200$ con al massimo rallentamenti o pause di poco significato.

Se da un lato però è facile imbattersi in articoli che pubblicizzano la corsa del petrolio, tanto dal punto di vista dell’analisi che sulla base dei trand mondiali, è vero anche che proprio in ragione della crisi le sensazioni personali di ognuno di noi dovrebbero suggerire una maggiore cautela. E’ la crisi che incide sui prezzi del future sul petrolio, e non viceversa. L’esperienza del dollaro americano insegna. Per anni la moneta statunitense ha resistito alla crisi grazie ad una serie di manovre a sostegno, che anziché coprire i buchi, ne hanno aperti altri da colmare col risultato che in pochi anni ha letteralmente dimezzato il proprio valore. I mercati insegnano che ogni cosa sale e poi scende e poi risale quando ci sono sufficienti motivi per cui ciò accada. E’ evidente che la crisi che genererà il prossimo crollo del petrolio ancora non ha raggiunto il suo culmine, ed è ben lontana dal farlo. Ma da questo a prevedere una raddoppio nel prossimo triennio ce ne passa. In tempi così labili la logica dei numeri va anteposta alle opinioni, che restano opinioni. Se nel ponte del 25 aprile scorso quasi 11 milioni di Italiani si sono spostati da un capo all’altro dello stivale, mentre già nelle prime due settimane di luglio, che l’anno scorso stesso periodo erano valse code e traffico da bollino rosso, neppure 2 milioni di italiani hanno preso l’automobile vuol dire che qualcosa sta cambiando circa l’abbordabilità del carburante per l’italiano medio.

Vero è anche che questo non necessariamente comporterà una riduzione delle imposte sulla benzina.  Anzi, l’esperienza italiana dimostra come già alle prime avvisaglie di ripresa in qualsiasi settore economico, i prezzi addirittura aumentano nonostante fossero magari già di per sé stratosferici. Ma per fortuna il Mondo non è come l’Italia, è la crisi è un fattore frenante dei prezzi.  Lo hanno dimostrato le resistenze del 2011 e del 2012 che hanno frenato il petrolio ai 139 dollari ed ai 155. Quindi sebbene confortata dalle analisi, la previsione dei 200$ nei tre anni è difficile, fatto salvo ovviamente un interesse in tal senso dei signori dell'economia finanziaria, che è diversa da quella reale, ed ignora la crisi.

Come monito agli investitori che prendono come oro colato le previsioni dei maggiori neetwork finanziari, valga lo scenario del 2008, quando per il mercato petrolio si è verificato la cosiddetta ‘bolla speculativa’. Il prezzo del greggio era salito dal prezzo dei 90$ al barile con cui veniva scambiato a gennaio, al top storico intraday di 147$ al barile di febbraio. Ed i siti finanziari prevedevano i 162$ entro l’anno. Ma dopo l'estate la bolla speculativa si sgonfiò, complice la crisi scoppiata in America con i mutui subprime, che incise sui consumi energetici degli americani, e non solo. Sull'onda del crollo delle borse, a dicembre 2008 il prezzo del greggio registrò un ribasso senza precedenti, scendendo di quasi  100$ in pochi giorni, con una quotazione che arrivò a toccare i 40$. A distanza di cinque anni lo scenario è certamente diverso da quello depressivo del 2008, ma mentre le economie dell'Asia crescono, Europa e Stati Uniti sono ancora alle prese con l’indebitamento e Pil in contrazione. E’ incomprensibile quindi l’unanimità degli scommettitori nel prevedere  un range del prezzo al barile che raddoppi nei prossimi tre anni. Il coniglio dal cilindro potrebbe essere invece un nuovo crollo del prezzo del greggio, o comunque una variazione al ribasso. Ma questo nessun sito finanziario s’azzarderà mai a scriverlo.

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