Un antico proverbio indiano dice che gli ostacoli non bisogna puntarli, ma
aggirarli. Lui però è un italiano, toscano, di quelli che i problemi preferiscono
prenderli di petto. Nato e cresciuto nel quartiere popolare Piagge di Firenze,
Marco Scalia ha iniziato a boxare nel 2005, dopo che da ragazzino era stato
scartato per un deficit visivo. Un metro e sessanta di altezza, quando entra in
palestra per la prima volta pesa quasi 90 kili. Fa la trafila nei dilettanti, e
segue una dieta che in sei mesi lo porta buttar giù dalla bilancia quasi trenta
kg.
Dopo il match contro Cocus Silviu, nel 2011, il suo maestro Padariso decide che è arrivato il momento di gettar via casco e maglietta e lo fa esordire tra i professionisti. Negli allenamenti è uno di quelli che tira -così si dice in gergo- primo ad entrare nello spogliatoio ed ultimo a lasciare la palestra. Vince il primo incontro per Ko, contro l’ungherese Sandor Paska, conosciuto in Italia per i combattimenti contro Floriano Pagliara e Fabrizio Trotta. Scalia è uno che uno che si muove bene sul tronco e sa alternare la guardia come pochi, nel repertorio ha anche alcuni colpi esplosivi e questo lo porta a disputare e vincere altri tre incontri, stavolta tutti italiani, nello stesso anno. Fino al combattimento contro Denis Ceylan in Danimarca, dove finisce al tappeto dopo pochi giri di lancette: «Da allora (12 Febbraio 2013, ndr) sono fermo in attesa che qualcosa si muova. Ma da come sembrano essersi messe le cose sto pensando di smettere. Non è possibile andare avanti così. Niente soldi, niente programmi e i manager più bravi sono quelli che ci mandano al massacro. Sono costretti, loro malgrado, a mandarci al massacro, spesso all’estero: è l’unico modo per poter fare un po’ di attività e guadagnare borse decorose, altrimenti ci scanneremmo tra noi per due soldi».
Dopo il match contro Cocus Silviu, nel 2011, il suo maestro Padariso decide che è arrivato il momento di gettar via casco e maglietta e lo fa esordire tra i professionisti. Negli allenamenti è uno di quelli che tira -così si dice in gergo- primo ad entrare nello spogliatoio ed ultimo a lasciare la palestra. Vince il primo incontro per Ko, contro l’ungherese Sandor Paska, conosciuto in Italia per i combattimenti contro Floriano Pagliara e Fabrizio Trotta. Scalia è uno che uno che si muove bene sul tronco e sa alternare la guardia come pochi, nel repertorio ha anche alcuni colpi esplosivi e questo lo porta a disputare e vincere altri tre incontri, stavolta tutti italiani, nello stesso anno. Fino al combattimento contro Denis Ceylan in Danimarca, dove finisce al tappeto dopo pochi giri di lancette: «Da allora (12 Febbraio 2013, ndr) sono fermo in attesa che qualcosa si muova. Ma da come sembrano essersi messe le cose sto pensando di smettere. Non è possibile andare avanti così. Niente soldi, niente programmi e i manager più bravi sono quelli che ci mandano al massacro. Sono costretti, loro malgrado, a mandarci al massacro, spesso all’estero: è l’unico modo per poter fare un po’ di attività e guadagnare borse decorose, altrimenti ci scanneremmo tra noi per due soldi».
Il mondo della boxe italiana
rischia quindi di perdere un altro dei suoi pregiati talenti inespressi, uno di
quelli che ancora non sono riusciti ad esprimersi al massimo delle proprie
potenzialità. Da qualche mese è tornato alla Pugilistica Isolotto, ad allenarsi col suo primo maestro Luca Borselli. Il 12 dicembre il boxeur fiorentino dovrebbe misurarsi
contro Oleksandr Samara, ma con questi presupposti l’incontro rischia di
saltare. Anche perché con le programmazioni a lunga scadenza, non c'è mai niente di certo. «Il fatto è che
in Italia è difficile fare il pugilato di professione, se uno non ha un
lavoro stabile, di sola boxe non ci campa. Nel caso in cui lavori
invece, diventa durissima conciliare lavoro, allenamento e dieta. Per non parlare degli affetti, che per forza di
cose devi trascurare un po’. Eppure ogni anno leggo le classifiche degli sportivi
più ricchi del mondo, ed in cima alla lista c’è sempre un pugile. Segno che
forse questo sport alla gente piace, e basterebbe davvero poco a rendergli
maggiore visibilità». E' quello che il sito “xXx”
si propone di fare. Anche attraverso questi articoli che raccontano le vostre storie.
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