Il continuo rinvio delle partite è di per sé già così
divertente, che per farsi due risate non servirebbe raccontare le partite. Ma
tant’è… quelle che si giocano, conviene comunque raccontarle.
FIORENTINA-VERONA:6-8
Fiorentina non pervenuta nell’anticipo dell’ottava giornata.
Allo stadio Artemio Franchi di Firenze (che poi è uguale al Palazzetto di
Ginosa), l’Hallas Verona coglie una roboante vittoria contro i viola. Gara
combattuta, anche se con poche vere emozioni, con gli ospiti che hanno
capitalizzato al massimo le opportunità create. Batosta tremenda per Giannuzzi
e compagni, che hanno pagato a caro prezzo le troppe disattenzioni difensive. Sotto
di uno dopo pochi secondi per effetto del gol messo a segno da Cosimo
Trullo, la squadra viola trova il pari con Vincenzo Duca dopo circa un quarto
d’ora. Ma l’equilibrio dura poco: al 20’ sale in cattedra il nuovo acquisto
veronese Giuseppe Pirrazzo, che ingaggia una sfida a distanza con il portiere toscano Gianfranco
Bavaro. L’attaccante si mette in bella mostra sfoderando tiri poderosi, e
realizza tre gol che portano i veneti sull’1-4. I
viola non si abbattono ed attaccano isterici: dopo una lunga serie di batti e
ribatti, cross, tiri e rimpalli, la palla, stanca di tanto peregrinare, cerca
pace tra i piedi di Mancini, che coglie impreparato l’estremo difensore Rosario
Lapiscopia. Per due volte. Si va al riposo sul punteggio di 4-2 per il Verona.
Primo tempo con i gialloblu in vantaggio. I tifosi veronesi rotolano sui gradoni per lo stupore, una cosa così proprio non
l’avevano mai vista. Gli stessi giocatori in campo si guardano increduli: «E
moo??? Cioè, stiamo vincendo contro la Fiorentina, che pare sia una buona
squadra, stiamo dominando a Firenze che pure dicono sia un campo ostico. Cioè,
mo, noi, che facciamo? Come ci comportiamo? E Antonio Della Porta chi sfotterà
a fine partita?». Le domande si rincorrono nell’intervallo. Intanto, sugli
spalti, gli immuni al momento favorevole argomentano che «la partita finisce
quando l’arbitro fischia» e che una partita cominciata bene non è detto che
debba finire bene. Luisi si da un grattatina ai testicoli per scaramanzia. Ma il tempo delle
opinioni è breve.
L’avvio di ripresa è di marca viola, nel segno di
Michele Mancini. Una mezzala così qui a Firenze non la si vedeva dai tempi del
mitico Ciccio Baiano. Fallo di Trullo su Duca, e punizione dal limite. Mancini
s’incarica della battuta. Una selva oscura di uomini in barriera chiudono ogni
spiraglio, che la dritta via sembra smarrita, ma Mancini non si trova nel mezzo
del cammino della sua vita. Si trova a limite dell’area, e da quella distanza
non sbaglia. Palla nell’angolino basso: 4-3 e partita riaperta. Ma per poco.
Passa un minuto e l’uomo che sussurrava alle donne, l’uomo che non
calciava mai di sinistro e quando lo faceva per giustificarsi diceva “vabè,
dai, non è vero che sono mancino, sono ambidestro”, ma soprattutto l’uomo che
ha creato questo Verona, piazza un sinistro sotto l’incrocio che chiude
definitivamente i giochi. Accorcia ancora Mancini, poi la tripletta di Tommaso
Lapiscopia per il Verona, ed i gol inutili ai fini del risultato dei fratelli
Giannuzzi. L’Hallas s’impone a Firenze per 8-6, e lascia aperte le speranze
playoff. Solo due giornate alla fine, ma finché c’è vita c’è speranza. La
sensazione diffusa però è che… se Luisi e compagni avessero ingaggiato prima
Pirrazzo, di speranza -oggi!- potrebbero coltivarne di più.
IL PEGGIORE Vincenzo Duca (Fiorentina), voto 4. Comincia la
gara col chiaro intento di superare Giannini nella speciale classifica
cannonieri, e rispetto a questo obbiettivo gli scivola tutto addosso, pure i 16
compagni di squadra liberi in area di rigore che gli chiedono inutilmente il
passaggio. Segna il gol dell’1-1 dopo 730 metri di fuga solitaria. Poi muore.
Impalpabile nel secondo tempo. Ad un certo punto decide di sacrificarsi in
difesa. Sconfortato, lento, macchinoso. L’Ufficio indagini ha aperto un
procedimento per verificare se davvero qualcuno gli aveva messo il Valium nella
borraccia. SPENTO.
IL MIGLIORE Giuseppe Pirrazzo (Verona), voto 8. Velocità, coordinazione e gol. Quello che mancava a questo Verona. Bagna l’esordio con una tripletta. Segna, e quando non segna ci va vicino, dimostrando ai veronesi, che giocare bene si ok fa fico, ma vincere ogni tanto è più bello. Da rivedere l’intesa con Maddalena. PODEROSO.
INTER-NAPOLI: 5-8
Partita importante, la cui vittoria vale la matematica dei playoff. Il match comincia, e con lui il Domenico Ciriello show. Il capitano
neroazzurro, assente per un'ernia inguinale, è comunque presente a bordo campo, ed è
deciso a ritagliarsi anche da li una parte da protagonista in questo match.
Così… dopo cinque minuti di gioco snervante comincia a gridare ai suoi «uno che esce!» senza in realtà sapere bene cosa significhi, ma se fai l’allenatore e
dalla panchina gridi «uno che esce!» fa molto figo, lui lo sa, e allora ripete:
«uno che esceee!». Così dopo dieci minuti di sta roba esce Calabrese pensando che
gli stessero chiamando il cambio.
Giacinto Tarasco con i fratelli Alessio e Domenico Ciriello |
Nella ripresa il Napoli ha un piglio più incisivo, Volpe
arretra a far luce a centrocampo, lo scopo è quello di sprecare il meno
possibile. Guarino grida ai suoi «Coraggio!!!», e coraggio fa rima con vantaggio.
Pronti, via e Tarantini impallina
Cantore con una sciabolata da centrocampo. Pochi minuti ed anche Giuseppe Mazzone, dopo
una serpentina delle sue, centra il bersaglio e fa 3-1 per gli azzurri. A quel
punto, mentre Ciriello sbraccia in panchina, si consuma l’ultimo affronto. Volpe azzarda una mossa che è puro bullismo ai danni della psiche avversaria: fuori Mazzone dentro Tarasco. Il messaggio è chiaro: ti posso battere con
chiunque. E proprio Tarasco si guadagna il rigore che capitan Volpe mette a segno per
il 4-1. Così l’Inter si innervosisce sul serio ed il gioco si fa più duro. E’ sempre Tarasco
a pagare dazio: nell’entusiasmo della prima sgroppata si becca prima una gomitata involontaria e poi un
buffetto volontario che gli fa saltare un dente. Senza dente ma con tanta fame. Ciò che basta ad infondergli
la cattiveria con la quale fa esplodere il sinistro che trafigge Cantore: 5-1.
Nel finale il Napoli accusa i soliti cali. I neroazzurri ne
approfittano e riaprono la partita. Prima un rigore trasformato da Minerva, poi
2 gol in fotocopia di Angelo Calabrese portano al 5-4 che rimette tutto in
discussione. Ma se coraggio fa rima con vantaggio, culo fa rima con traversa: al
90’ Calabrese anticipa
tutti, incrocia e lascia partire un bolide secco e deciso. E però la vita, alle
volte, si sa… anche se anticipi tutti, incroci bene e fai partire un tiro secco e deciso, ti
intima di attaccarti al cazzo. È la giostra della fortuna. Traversa. L’ Inter non
riesce a trovare il pareggio, ed il recupero è di
quelli imbarazzanti che sembrano non finire mai. Tra i partenepoi la paura di subire
una rimonta tipo Firenze si fa palpabile, ai giocatori che chiedono «arbitrooo quanto manca
alla fine?», l’arbitro risponde «Non ve lo dico, giocate!». Tarantini
sottolinea la comicità della cosa, e dice ai suoi: «Non ce lo dice, giochiamo..
la partita può finire oggi e può finire anche domani!!!». Poi però è proprio
Tarantini in contropiede ad insaccare la palla del 6-4. Di li in avanti partita in
discesa per i partenopei fino al 8-5 finale.
IL PEGGIORE Michele Posa (Inter), voto 4. I suoi compagni di
squadra hanno voglia di vincere, fame, lucidità, manovra. Però hanno anche lui
in campo, e questo li danneggia. E’ l’unica punta neroazzurra, nel senso che
ignora ogni suo possibile partner d’attacco. Nel suo vocabolario calcistico la
parola “passaggio” non è contemplata. Prova il tiro da ogni posizione senza
particolare fortuna. Contro l’ottima difesa napoletana, che gli riserva
puntualmente il raddoppio di marcatura, non c’è storia. ASSENTE.
IL MIGLIORE Giacinto Tarasco (Napoli), voto 8. Caricato a
molla dalle provocazioni di Ciriello e Posa, quando entra in campo ricorda a se
stesso -ed a tutti!- che un tempo al campetto della frutta lo soprannominavano
Savicevic. Strilla, smania, si incazza. Invoca falli, dribbla, parla, non si
tiene un cecio in bocca. Siamo passati da un Tarasco spento e distratto, che
non si capiva se oltre ad esser sordo fosse pure muto, ad un Tarasco pentola a
pressione, che bolle e mette il pepe al culo agli avversari h24. Due gol, un
palo, un rigore conquistato e un dente lasciato sul campo. INDOMITO.
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