mercoledì 26 giugno 2013

Makabu sfida i grandi del pugilato «Posso mettere KO chiunque». Per Silvio Branco avversario difficile.

«Un combattente con il fuoco nella pancia». Sono queste le parole con le quali Brian Mitchell, che poi sarebbe diventato il suo promoter, definì  Ilunga Makabu detto Junior, dopo averlo visto mandare al tappeto l’imbattuto campione sudafricanoMichael Gbenga. Era la decima vittoria in carriera, le nove precedenti le aveva anche quelle risolte prima della distanza prevista.

E’ un demolitore più che un picchiatore, un fighter di quelli che lavorano molto al corpo e che non ha nelle corde il colpo risolutore, anche se le 13 vittorie per ko sulle 14 vittorie complessive possono far credere il contrario. Nel suo score registra una sola sconfitta, al debutto, abbandono dopo venti secondi di combattimento. Ma lui giura che si trattò di una ridicola incomprensione. Aveva incassato a freddo un pesante montante e il direttore di gara gli aveva domandato se voleva continuare, lui la intese come un «ti fa ancora male?» e scosse la testa. Così l’arbitro chiuse il match tra i fischi generali. Così come garantisce che non fu quello il suo debutto, sostiene d’aver combattuto in precedenza altri 8 incontri da professionista nella sua terra natia, il Congo, che però la federazione congolese ha omesso di registrare, ed ovviamente sostiene d’aver vinto anche quelli per ko. Punteggi con i quali oggi sarebbe certamente tra i primi dieci al mondo, non diciannovesimo.

Figlio d’arte, suo padre fu pugile professionista di medio valore, Ilunga Makabu pratica la boxe da quando aveva appena 9 anni. Professionista da quando ne aveva 18. A 19 lascia il Congo per trasferirsi a Johannesburg dove comincia a frequentare la palestra di Nick Durandt, che subito ne riconosce il talento e lo affida alla scuderia del manager Branco Milenkovic, il più famoso promoter del pugilato sudafricano. Buon incontrista, soffre la difesa e l’iniziativa, ma quando attacca non spreca nulla, fino a diventare devastante sulla corta distanza. Il suo allenatore è Harold Volbrecht, ex peso welter mancino, dal quale ha imparato a portare sempre colpi in serie.

Makabu ha 24 anni ed una personalità abbastanza complessa, è tormentato, dorme poco. A volte si sveglia di notte e va a correre sulla spiaggia. E’ giovane e spavaldo, sicuro dei propri mezzi al punto da sembrare presuntuoso, prima del match di sabato scorso contro l’imbattuto Dmytro Kucher, che gli è valso la chance per la corona silver, aveva dichiarato «Posso mettere ko tutti i pugili del mondo nella mia categoria di peso. Wlodarczyk, Marco Huck, Guillermo Jones, e gli italiani Branco e Fragomeni, sono grandissimi pugili, ma tutti alla mia portata». Makabu è uno che sogna in grande, il suo mito è Antonio Tarver, e proprio come lui aspira a diventare il migliore al mondo nei massimi leggeri, magari battendosi contro il cubano Yoan Pablo Hernandez, attualmente primo nel ranking mondiale e mancino come lui.

A fare da ostacolo a questi ambiziosi progetti ci penserà Silvio Branco, coosfidante al titolo silver, che dovrà affrontarlo a Monaco, entro Novembre. Il giovanotto congolese dovrà fare i conti con l’esperienza del campionissimo di Civitavecchia, che porterà sul quadrato, quasi mezzo secolo d’esperienza pugilistica, e la fame immutata di quand’era un ragazzino. Per Branco il sogno è quello di una gloria personale che lo collocherebbe tra i più grandi pugili di sempre, aggiungendo al suo palmares il mondiale WBC che da sempre insegue. Oltre che la smania di affrontare un’altra volta il rivale Giacobbe Fragomeni, qualora quest’ultimo dovesse riuscire nell’impresa di strappare il titolo a Wlodarczyk, ad ottobre.

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