domenica 13 ottobre 2013

Dicembre di lusso per la boxe italiana: Fragomeni contro il Diablo e Silvio Branco contro Makabu

Due italiani sul ring a contendersi una corona mondiale. E’ una possibilità che si fa sempre più concreta. E in questi tempi di “stranierismo” dilagante, a volte nobile e a volte cieco, è anche una deliziosa stranezza. Due italiani, e non due italiani qualsiasi, ma due pezzi da novanta del nostro pugilato, i due grandi “vecchi” di questa disciplina. Silvio Branco e Giacobbe Fragomeni hanno percorso fino a qui strade diverse, e su queste strade hanno incrociato i guantoni due volte: la prima, a Pavia, culminò in un contestatissimo pari, e la seconda, a Riva del Garda, finì con la vittoria ai punti di Giacobbe Fragomeni. In palio c’era la corona “Silver” che permette di sfidare il campione del mondo. Perché entrambi avevano ed hanno lo stesso obbiettivo: conquistare il titolo mondiale della WBC, una delle sigle più prestigiose del pugilato.

Fragomeni e Branco II, una fase del combattimento
Aggiudicandosi la corona ‘Silver’ a Riva del Garda, poi lasciata vacante qualche giorno dopo, Giacobbe Fragomeni questa chance se l’è già guadagnata. La vittoria contro Branco è il pass che gli permetterà d'affrontare il campione in carica Krzysztof Wlodarczyk, in un incontro che si disputerà a Chicago i primi di dicembre. Il pugile polacco imbattuto dal 2007, ha all’attivo 48 vittorie, di cui 34 per KO. L’ultima contro Rakhim Chakhkievsi , nella quinta difesa ufficiale. Giacobbe Fragomeni, dal canto suo, non bada ai numeri. Quel podio mondiale lui lo ha già conquistato e difeso nel 2008 grazie alla tempra e alla determinazione. E adesso vuole riprenderselo. Perché Giacobbe è un pugile moderno che combatte col cuore dei pugili di una volta, e ha fatto della testardaggine una virtù: sempre in attacco, si copre bene con le mani, e poi dalla corta distanza scarica le sue serie, colpi che hanno fatto male a gente come David Haye e Rudolf Kraij, tanto per capirci. Se l’esperienza è dalla sua, il match promette alti contenuti emozionali. 

Silvio Branco e Giacobbe Fragomeni con il manager
Salvatore Cherchi alla presentazione del rematch
Al contrario Silvio Branco ha dovuto ricominciare tutto da zero, e la sua occasione se la sta prendendo a forza, combattimento dopo combattimento.
Subito dopo la serata sciagurata di Riva del Garda, il “Barbaro” si era rimesso a lavoro con il suo maestro Gesumino Alioti per conquistare la corona ‘Silver’ lasciata vacante proprio da Fragomeni. In questa esplosiva rincorsa al titolo, il 6 luglio ha battuto il finlandese Juho Happola, in quella che era una sorta di semifinale internazionale. A dicembre nella città di Montecarlo si batterà con Ilunga Makabu e da quell’incontro uscirà lo sfidante ufficiale del prossimo campione del mondo. Il tutto con la possibilità concreta, di vincere per affrontare ancora una volta Fragomeni, qualora il milanese dovesse avere la meglio su Wlodarczyk.

In questa aneddotica di cinture che vanno e vengono, ci sono le storie di due uomini che hanno salvato la boxe, e che allo stesso tempo sono stati salvati dalla boxe, che per entrambi è stata un’occasione di riscatto e di rinascita. 
Proviamo a raccontarne le storie.

Fragomeni, campione del mono WBC nel 2008
Giacobbe Fragomeni aveva ventuno anni quando è entrato per la prima volta in una palestra. Pesava un quintale e venti, e nessuno si sarebbe sognato di poterlo mai vedere schiacciare avversari dentro le sedici corde. Una vita difficile in una famiglia senza gioie, tra gli emarginati quartiere Stradera. Un padre alcolista, la mamma sofferente, una sorella morta d'overdose, lui stesso entrato in quel buco nero della droga che ha inghiottito e ucciso molti dei suoi amici. Il pugilato è stato la sua salvezza. Gli ha dato uno spessore umano solido, ed uno stile di vita sano. Ma soprattutto gli ha permesso di subliminare sul ring tutte le ansie, le insicurezze e le paure. In quello che poi è diventato un increscendo di vittorie importanti. Fino alla notte magica del Palalido, nel 2008, quando si è laureato campione del mondo per la sigla WBC. Quella sera, la sua prima tifosa, sua madre, non c’era più, si era spenta pochi mesi prima. Ma c’era già sua figlia, che si chiama Letizia, come la sorella morta di overdose, a cui era legato. Letizia è il nome di sua figlia, e Giacobbe se l'è fatto tatuare sul collo. La piccola Letizia ha tifato per lui nel 2008 e tiferà per lui a dicembre prossimo, quando questo ragazzone di 44 anni, amante del vino e della donne, proverà a riconsacrarsi come il migliore pugile al mondo nei massimi leggeri. Lui, entrato nelle palestre tardi, e diventato professionista tardissimo, quando era ormai troppo vecchio per i palcoscenici importanti, dicevano gli addetti ai lavori.

Silvio Branco, campione internazionale WBC nel 2010
Silvio Branco detto il "Barbaro" invece nelle palestre ci è nato, volto pulito, fisico da atleta, salta la corda da quando aveva 10 anni, a 20 anni è già un professionista, a 21 campione italiano e a 30 anni aveva già vinto due titoli intercontinentali, sigle WBC e IBF, ed un titolo mondiale WBU. Anche a lui superati i 35 anni hanno cominciato a dire che era troppo vecchio per la boxe. Ma lui a dispetto ha continuato a combattere, e a vincere. Poi una notte del 2002, dopo aver messo a dormire i figli, Silvio sente qualcuno suonare alla porta. Apre, e i poliziotti fanno irruzione in casa sua. L’accusano di associazione a delinquere finalizzata all’usura. Quindi il buio di un’odissea processuale che durerà sette anni. La gente che comincia a guardarti con occhi diversi. Il giudizio e il pregiudizio che si insinua nelle parole di quelle persone che un tempo consideravi amici. Una vita di trionfi messa KO in poche settimane. Poi il carcere. Le asprezze che ti mettono al tappeto anche se sei un campione del mondo. E poi l’assoluzione, e il ritorno sul ring. La passione per la politica, la beneficenza e l’impegno nel sociale. Il Collare al merito sportivo consegnatogli dall'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi e una vita che si riaccende alla soglia dei 47 anni, ancora sul quadrato, ancora da campione, per vincere l’unica cintura che manca al suo palmares.

Branco, 60 vittorie tra i professionisti, di cui 37 per ko
Due italiani che hanno ridato a questo sport un sapore antico, rovesciando le banalità di un’anagrafe che troppo presto li aveva giudicati ormai “vecchi” per combattere a certi livelli. Nelle loro storie e nei loro occhi la più scontata delle verità: che il pugilato non cambia mai. E il pugilato lo fa chi ha fame e voglia di fare, indipendentemente delle cose di contorno, indipendentemente dall’età che hai. Branco e Fragomeni, due ragazzi diversi, due uomini per certi aspetti simili ed una rivalità senza spiragli. C’è da augurarsi di vederli ancora opposti uno all’altro. In uno dei duelli più avvincenti della storia del pugilato.

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